giovedì 21 aprile 2011

Non lasciamoci confondere: referendum giugno 2011, la contromossa del governo sul nucleare

di Fabio Attura

12 giugno 2011, data da appuntarsi sul calendario: si vota per il referendum abrogativo sulla privatizzazione dell’acqua pubblica, sul Legittimo Impedimento e sul Nucleare…ah no, che sbadato, mi è appena arrivata la notizia che quest’ultimo è stato prontamente eliminato dal programma di Governo (almeno per il prossimo anno).

Le immagini del disastro ambientale giapponese, le vittime dell’inquinamento radioattivo, i reattori fusi all’interno delle centrali, l’impossibilità di risolvere l’emergenza in brevi tempi, con molta probabilità avrebbero portato un fiume di elettori alle urne, il prossimo giugno. Le statistiche parlano chiaro: a favore o contro, il quorum sarebbe stato molto probabilmente raggiunto, una rarità negli ultimi esempi di democrazia diretta del nostro Paese.

Ma attenzione a non abbassare l’attenzione e a non banalizzare. Altri potrebbe essere i motivi per cui il Governo ha deciso di togliere il quesito sul nucleare dal referendum, come ad esempio il pericoloso accostamento con la privatizzazione dell’acqua e, soprattutto, col legittimo impedimento…

Si sta forse cercando di allontanare il pericoloso quorum dalle urne? Quindi cari italiani ricordate che, se anche la Corte di Cassazione decidesse di eliminare il quesito del nucleare dal referendum, ci troveremo davanti altri due non meno importanti questioni su cui esprimerci:

Quesito numero uno, presentato dal’Italia dei Valori: Legittimo impedimento. L’istituto giuridico che permette all’imputato di giustificare, in alcuni casi, la propria assenza in aula. Rientra nella serie di leggi che l’opposizione definisce ad personam, data la lunga lista di appuntamenti che il nostro Presidente del Consiglio ha fissati nelle Aule di Tribunale:

volete voi che siano abrogati l’articolo 1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonché l’articolo 1 della legge 7 aprile 2010 numero 51 recante “disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza?"

Quesito numero due, presentato sempre dall’Italia dei Valori, si ritorna a parlare di ambiente e salute in via indiretta: la privatizzazione dell'acqua pubblica. Si divide in due punti: uno di rilevanza economica, riguardante le modalità di affidamento e la gestione dei servizi pubblici di distribuzione locale di acqua:

volete voi che sia abrogato l’art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 . Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall’art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99 recante Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” e dall’art.15 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135, recante Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della Corte costituzionale?

e l'altro invece, si preoccupa di stabilire la tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata ricompensa del capitale investito:

volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154, tariffa del servizio idrico integrato del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 norme in materia ambientale, limitatamente alla seguente parte: dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito?

Cliccando qui potrete trovare tutto il testo referendario

Quindi, cari elettori del sì o del no, non lasciatevi confondere, in primis dagli stessi testi referendari, dove per essere favorevoli bisogna mettere una croce sul no e per essere contrari sul ; ma soprattutto dal marasma politico che si è creato intorno al referendum a poco più di un mese di distanza dalla chiamata alle urne. Non sprechiamo l’ennesima occasione di essere noi i primi rappresentanti di noi stessi, senza aver bisogno di inadeguati intermediari.

giovedì 31 marzo 2011



di Roberto D'Amico

Le autorità giapponesi mentono sui valori di radioattività nei pressi della centrale di Fukushima. E’ quanto denuncia Greenpeace dopo un sopralluogo tecnico svolto il 28 marzo nel villaggio di Iitate, a 40 km a Nord-Ovest dalla centrale. La squadra di esperti ha trovato livelli di contaminazione fino a 10 micro Sievert per ora (µS/h). Questi valori si riferiscono alla sola radioattività esterna e non considerano il rischio aggiuntivo causato da inalazione e ingestione di particelle radioattive. Il rischio, per i cittadini che abitano in quell’area, è che in soli cinque giorni venga superato il limite per la dose annua che è di 1000 µS/h.

Un nuovo studio commissionato da Greenpeace Germania al Dr. Helmut Hirsch, esperto di sicurezza nucleare, rivela inoltre che l'incidente alla centrale giapponese di Fukushima ha già rilasciato abbastanza radioattività da essere classificato di livello 7, secondo l’International Nuclear Event Scale (INES). Vale a dire il livello massimo di gravità per gli incidenti nucleari, raggiunto in precedenza solo a Cernobyl nel 1986. Inoltre la Tepco, la società che gestisce l'impianto, ha ammesso che tracce di Plutonio sono state rilevate in cinque punti nei pressi della centrale di Fukushima.

“La nostra denuncia – afferma Salvatore Barbera Responsabile campagna Nucleare Greenpeace Italia – è rivolta all’operato del Primo Ministro giapponese che pur sapendo del rischio di fusione del nocciolo dal primo giorno dell'incidente ha autorizzato lo scarico di vapore dal reattore solo due giorni dopo, aumentando probabilmente i danni al combustibile nucleare e al sistema di raffreddamento. Greenpeace chiede che la popolazione venga subito evacuata perché rimanere a Iitate non è sicuro in particolar modo per donne incinte e bambini”.

Link allo studio del Dr. Helmut Hirsch: http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/rapporti/fukushima-report/



mercoledì 9 marzo 2011

Nucleare e Tecno Rischio, Rinnovabile e mondo futuribile














Intervista al Professor Manlio Maggi

di Valerio Russo

Oggi più che mai il cambiamento climatico pesa come una spada di Damocle sul futuro del Pianeta. Il vertice di Copenaghen ha stabilito la necessità di contenere l’aumento della temperatura entro il 2030. Ciò vuol dire che le vie energetiche tradizionali debbono essere abbandonate.
In, Italia, soprattutto sotto la propulsione del governo Berlusconi, la scelta sembra orientarsi su un ritorno al nucleare; questa soluzione viene proposta come l’unica in grado di garantire crescita, produzione e consumo. Sono questi i tre pilastri del panorama mondiale contemporaneo, il risultato decisivo di quella cesura storica che è stata la rivoluzione industriale.
Nella situazione in cui i combustibili fossili sono vicini all’esaurimento ed, al tempo stesso, presentano al pianeta un conto gravoso in termini di C02 rilasciata nell’ambiente, si inizia a pensare all’importanza di un mondo futuribile, alla necessità di percorrere strade energetiche più sicure. Si apre dunque un dibattito tra coloro che vogliono perseguire la via del rinnovabile, come unico mezzo per sostenere l’uomo ed aiutare il pianeta, e coloro che individuano l’impossibilità di tale scelta. “Ora solo l'energia nucleare può fermare il riscaldamento globale”, queste sono le parole dello scienziato ambientalista James Lovelock, il quale ritiene le energie rinnovabili una scelta tardiva.
L’Italia, che attualmente è il sesto paese al mondo per la dipendenza
energetica dai combustibili fossili ed acquista l’energia carbon-free dalla Francia, resta paralizzata su una possibile scelta del nucleare. Paralizzata perché i rischi sismici, insieme ai fantasmi evocati dall’episodio di Chernobyl e alle difficoltà di smaltimento delle scorie radioattive, suscitano domande: E’ questa una strada percorribile in Italia? L’energia rinnovabile costituisce un’alternativa valida?
Queste domande costituiscono il tema su cui è incentrata l’intervista a Manlio Maggi, primo tecnologo dell'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e docente presso l'Università del Molise.

Professor Maggi, lei cura una rubrica aperiodica dal nome “Tecno Rischio e ambiente”, quale è la relazione tra questi due termini?
Alcuni studiosi contemporanei hanno definito la società attuale come “società del rischio”, perché fortemente caratterizzata da una universale preoccupazione nei confronti dei rischi locali e globali, della vulnerabilità dell’ambiente e dello stesso genere umano. Parte rilevante di tale preoccupazione è ascrivibile al cosiddetto “rischio tecnologico-ambientale”,legato alle conseguenze non intenzionali dell’azione dell’uomo - e segnatamente dell’applicazione di scienza e tecnologia - sull’ambiente e, quindi, sull’uomo stesso.

L’affidamento al nucleare è ancora una volta una manifestazione del tecno-ottimismo?
Non so se la vera questione sia in un ingenuo ottimismo tecnologico. Per quanto riguarda il tardivo progetto di rilancio in Italia, mi sembra molto discutibile sia sotto il profilo economico, sia dal punto di vista dell’idoneità del territorio nazionale, sia , inoltre, per le difficoltà nella gestione dei rifiuti ad alta attività prodotti dagli impianti. Da valutare infine, seppur con bassa probabilità, la possibilità di incidenti catastrofici.

E’ ammissibile secondo lei una preferenza dei benefici immediati rispetto ai possibili rischi futuri?
Occorre soprattutto capire se perseguire un beneficio immediato in un determinato ambito comporti, anche nell’immediato, svantaggi in altri ambiti, oppure comprometta o meno il futuro. In realtà, nell’agire sociale prevalente, è forte ciò che possiamo definire un problema di “miopia”. Invece, proprio la maggiore conoscenza scientifica di cui disponiamo dovrebbe spingere alla comprensione che è necessario ragionare, anche in termini di rapporto rischi/benefici, sul lungo periodo. Non si può più fare finta di ignorare che ciò che ci attende nel prossimo futuro è costruito dalle scelte del presente.

Qual è la situazione italiana riguardo le fonti rinnovabili?
Nel nostro Paese siamo partiti con un po’ di ritardo per quanto riguarda l’eolico e il solare, cresciuti sensibilmente solo negli ultimi anni, e non senza porre, tra le altre cose, problemi di inserimento nel territorio di tali impianti, soprattutto quando assumono dimensioni “industriali”. Oltre alla produzione energetica da biomasse (in aumento) e quella geotermica (stabile), è da sottolineare, poi, una storica presenza della fonte idroelettrica, che mantiene tuttora un peso decisamente prevalente tra le energie rinnovabili (nel 2009, circa il 70% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili). Il complesso della produzione da fonti rinnovabili, nel corso del 2009, ha contribuito alla produzione elettrica nazionale nella misura di quasi il 24%.

Qual è la percezione sociale di tali energie nel nostro Paese?
In linea generale, le fonti rinnovabili sono viste molto positivamente dall’opinione pubblica. In particolare, soprattutto il solare fotovoltaico e l’eolico, riscuotono livelli altissimi di consenso, rispetto alle fonti “tradizionali”, delle quali si percepisce l’impatto ambientale e l’intrinseca rischiosità. Nelle inchieste a livello nazionale, il giudizio positivo per le rinnovabili citate è sempre superiore all’80-90%, contro circa il 30% o meno per carbone, petrolio e nucleare. Le cose si complicano quando si passa sul piano locale e si è di fronte a specifici impianti (“parchi” eolici o fotovoltaici) in specifiche aree territoriali.