Sono passati sei lunghi mesi da quel tragico 20 aprile 2010 ovvero il giorno dell'esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. Per diverse settimane, nonostante ripetuti interventi tecnici, dalla piattaforma è fuoriuscita una gigantesca quantità di idrocarburi che ha contaminato parte del Golfo del Messico ma soprattutta la costa della Louisiana, provocando danni gravissimi alla flora e alla fauna marina.
Greenpeace ha colto l'occasione per presentare il rapporto “Steering Clear of Oil Disasters” e lo ha fatto parcheggiando tre auto di grossa cilindrata coperte da un liquido simile al petrolio davanti la sede dell'ACEA (associazione europea dei produttori di automobili).
Il rapporto dimostra come sia possibile diminiure dell'8% in più il consumo di petrolio entro il 2020 semplicemente fissando adeguati standard di riduzione delle emissioni di auto e camion. Così facendo l'Unione Europea eviterebbe di importare petrolio spesso estratto in condizioni non del tutto sicure e soprattutto con un elevato rischio di catastrofi ambientali. Inoltre si potrebbero risparmiare ben 30 milioni di euro e le emissioni di CO2 verrebbero ridotte di ben 186 milioni di tonnelate all'anno.
Secondo Domenico Belli, responsabile della Campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia , le case automobilistiche starebbero deliberatamente rallentando il progresso verso auto sempre più ecologiche. La lobby del settore automobilistico, sostiene infatti l'associazione ambientalista nel suo comunicato stampa, si nasconde dietro costi ritenuti eccessivamente alti per ridurre effettivamente le emissioni di CO2. Il rapporto dimostra invece come, sulla scia dei modelli di punta del mercato, sia possibile tagliare le emissioni del 14% entro il 2016.
Roberto D'Amico
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